di Antonio Ciappina
L’Italia meridionale (soprattutto nella parte settentrionale) agli inizi del XI secolo era chiamata Langobardia Minor, al suo interno esistevano due principati, quello di Salerno e di Capua, e il Principato di Benevento. I Bizantini detenevano invece la Puglia, la Calabria e la Basilicata con capitale Bari; il confine con i territori longobardi era l’attuale Calabria, lungo la linea dei fiumi Crati e Savuto. La Sicilia infine era sotto dominio musulmano. I Bizantini intervenivano in Sicilia attraverso azioni diplomatiche, ma anche con spedizioni militari, sebbene la loro supremazia stentasse a decollare. In queste due entità si inserivano la Chiesa e il Sacro Romano Impero: la Chiesa faceva leva su un’ideologia antislamica riuscendo a conseguire un’unità diciamo nazionale, mentre gli imperatori occidentali, gli Ottoni, imposero per poco tempo (durante il XI secolo) il loro dominio, infatti nella loro discesa in Italia lasciarono spazio al potere dei principi longobardi.
I Normanni
Molto richiesti dai principi longobardi e bizantini per la difesa dei loro territori erano gli esperti professionisti delle armi, e la Normandia forniva questo genere di figure. Queste genti erano discendenti dei vichinghi e nel 911 il loro capo Rollone aveva assunto il titolo di Duca di Normandia a seguito di una concessione di alcuni territori dal re di Francia Carlo il Semplice. Questi uomini del nord avevano stretto dei vincoli di fedeltà personale e quando arrivarono in Italia meridionale, erano nobili senza feudi, privi di terra e dediti solo alla guerra. Nel Meridione si costituirono delle comunità autonome a partire dal 1030, con la donazione del castrum di Aversa (in seguito contea) da parte di Sergio IV di Napoli a Rainulfo Drengot. Si trattava di concessioni di terre in cambio di aiuti militari. I Normanni di Drengot-Quarrel si unirono con l’altra ala normanna, ovvero la famiglia Altavilla, dove il rampollo più illustre era Guglielmo detto Braccio di Ferro. Essi parteciparono alla spedizione bizantina guidata dal generale Giorgio Maniace contro gli arabi di Sicilia.
Tra il 1053 e il 1054 ebbe inizio la conquista normanna della Calabria da parte di Roberto il Guiscardo, uno dei figli di Tancredi D’Altavilla (il capostipite della famiglia). Inizialmente si trattava solo di ruberie, atti di brigantaggio volti solo a mantenere dei cavalieri, senza avere un progetto definito. I vari cronisti dell’epoca raccontano che il Guiscardo viveva rubando buoi, cavalli e pecore o ancora rapiva persone per poi chiedere un riscatto. Proprio questa difficile sopravvivenza lo portò successivamente a reclutare un seguito che gli consentisse di ereditare il titolo comitale di Puglia dal fratello Umfredo (che poi trasformò in ducale), titolo che gli consentiva sia politicamente che giuridicamente di avviare una campagna di conquista della Calabria. Una conquista svoltasi attraverso razzie e saccheggi, che portò alla sottomissione di città come Mileto e Cosenza, e a preparare la spedizione verso Reggio di Calabria, città fortemente bizantina e di fondamentale importanza per il traffico commerciale verso la Sicilia e l’Oriente, nonché capitale del thema di Calabria.
La presa della città avvenne tra il 1059 e il 1060 (i cronisti non sono concordi), quando oramai la presenza bizantina nella città contava di poche unità. A Reggio il Guiscardo, per volontà dell’esercito, assunse il titolo di duca di Calabria. Questo titolo era dato per coordinare tutte le popolazioni del Mezzogiorno e soprattutto i vari gruppi normanni, i quali erano riluttanti a riconoscersi in un’autorità suprema. Roberto voleva creare un unico potere sotto la sua guida, sancita dal concordato di Melfi del 1059 da parte del papa e avvenuta dopo la conquista di Reggio. Ci sono inoltre note concessioni del duca ai propri vassalli e come il fratello Ruggero I scelse Mileto quale centro di potere. Ciò portò il gran conte a tessere una rete di interessi, relazioni, radicamenti territoriali che ne fecero il fautore di un progetto unitario che si vedrà poi realizzato con la fondazione del Regno di Sicilia da parte del figlio Ruggero II.
Senza dubbio Roberto il Guiscardo fu l’esponente di spicco della prestigiosa famiglia normanna degli Altavilla, colui che portò alla conquista dell’Italia meridionale ed il primo a pensare ad uno stato unitario. Roberto il Guiscardo era il primo dei sette figli di Tancredi D’Altavilla, conte di Hauteville-la-Guichard, tra il 1046 e il 1047 aveva raggiunto nel Meridione i fratellastri Guglielmo Braccio di Ferro, Drogone e Umfredo, che svolgevano il ruolo di mercenari presso i principi longobardi del Sud. Il Guiscardo (che significa “l’astuto”) in Puglia ricopriva la stessa posizione, e a differenza dei suoi conterranei non possedeva terre o fortezze. Quando i Longobardi si rivoltarono contro i Normanni e si allearono con il papa, Roberto assieme al fratellastro Umfredo annientò l’esercito papale a Civitate, nel 1053, costringendo il pontefice al riconoscimento dei feudi normanni.
Prima di Roberto il Guiscardo la Calabria era quasi sconosciuta ai Normanni, anche se ebbero qualche incursione sporadica, come quella dal principe di Salerno guidata dal generale bizantino Maniace in Sicilia nel 1038. Arrivato in Calabria Roberto si stanzia a Scribla nella piana di Sibari, spostandosi poi sul colle di San Marco dove costruisce una torre. Questo cambiamento è dato dalle condizioni territoriali, che lo portano a rinunciare ad un nodo viario che lo rendeva vurnerabile agli attacchi da più direzioni, aumentando la sua capacità difensiva sfruttando la morfologia del territorio.
Le più grandi imprese militari di Roberto il Guiscardo ebbero inizio quando assunse la carica comitale. Disponendo di grandissimi mezzi, intraprese il cammino verso la Calabria dal 1057, anno in cui muore Umfredo da cui eredita il titolo comitale.
La conquista normanna della Calabria, che ebbe inizio intorno al 1060, li vide affrontare la difficile convivenza con gli elementi bizantini, soprattutto le comunità religiose greche e tutte le chiese diffuse nel territorio. I Normanni cercarono un’unità religiosa attraverso la costruzione di cattedrali tipiche romane e la fondazione di monasteri latini in sostituzione di quelli greci, o in affiancamento ad essi. Era proprio questo l’intento di Roberto il Guiscardo, del fratello e dei loro successori: una politica missionaria sostenuta dal papato volta alla conquista del Sud, simboleggiata dalla fede cattolica.
Si voleva ritornare alla purezza e all’originalità della Chiesa, alla riforma gregoriana dove si assistette al ritorno della tradizione architettonica paleocristiana del X secolo. Un esempio di cattedrale opera dei Normanni è senza dubbio quella della Trinità di Mileto, voluta da Ruggero I che aveva fatto di Mileto la sua residenza comitale. Il prestigio di questo luogo sacro è dato dalla presenza dei sarcofaghi romani del conte e di un altro familiare, forse la seconda moglie Eremburga di Montreuil, fin dalla sua consacrazione nel 1080. Si ipotizza pertanto che sia stata fondata come chiesa-mausoleo.
Non va dimenticata neanche l’abbazia di Sant’Eufemia voluta da Roberto il Guiscardo nel 1062: costruzione simile a quella di Mileto e al duomo di Monreale, realizzata sotto l’abate Robert Grandmesnil, è importante per capire i legami tra le costruzione calabresi e siciliane di età normanna.
La conquista di Reggio, svoltasi come abbiamo accennato tra il 1059 e il 1060, vide l’uso di macchine d’assedio per abbattere le mura cittadine. Gli abitanti si arresero ai Normanni e la guarnigione bizantina fu allontanata. Roberto mandò il fratello Ruggero a perfezionare la conquista della Calabria e in breve tempo la regione fu presa, ad eccezione di Squillace. Alla fine anche la cittadina catanzarese si arrese ed i Bizantini, vista preclusa la resistenza contro i Normanni, si imbarcarono verso Costantinopoli.
L’assoggettamento dei diversi luoghi e città avvenne in vari modi: a volte con la forza, altre attraverso il patteggiamento, ed in altri casi ancora ci fu un’apertura spontanea al dominio normanno. In ogni città veniva impiantato un sistema feudale, dove in cambio di tributi, legami e giuramenti di fedeltà privata si ricevevano benefici e protezione.
Quando Roberto il Guiscardo morì nel 1085, gli succedette al titolo ducale il figlio Ruggero Borsa che diede i castelli calabresi e metà della Sicilia allo zio Ruggero I e successivamente al fratello Boemondo Bari. Alla morte del gran conte Ruggero, avvenuta nel 1101, la Calabria perse la sua posizione di privilegio come centro del potere normanno e la sede amministrativa del regno fu spostata da Mileto a Messina e successivamente a Palermo. La conquista della Sicilia da parte dei Normanni fu completata con la caduta di Noto e con la presa di Malta. Questa espansione portò nel 1130 alla formazione del Regno di Sicilia che comprendeva tutta l’Italia meridionale.
Morto il Guiscardo, il fratello che era anche conte di Sicilia ricevette dal nipote Ruggero Borsa alcune terre calabresi, da Squillace fino a Reggio. Divenuto padrone di questi territori diede il via alla fondazione di chiese, vescovati e conventi, come la chiesa di Santa Maria e dei XII Apostoli a Bagnara Calabra nel 1085. Fece anche donazioni ad alcuni fondi appartenenti al vescovado di Taureana ed inoltre istituì il vescovado di Mileto trasferendovi la sede da Vibona (Vibo Valentina), che fu distrutta dai Saraceni, e poi dal vescovado di Taureana, anch’esso devastato dai Mori.
Ruggero scelse come residenza della sua corte Mileto, situata in un punto strategico molto difendibile: tre colline, su una delle quali sorse la Mileto nuova dopo il terremoto del 1783, e da cui si scorge tutta la Piana di Gioia Tauro e in lontananza la Sicilia con l’Etna. I poli principali della città furono il palazzo di Ruggero, la cattedrale di San Nicola e del vescovado, e soprattutto l’abbazia della Santissima Trinità voluta dal gran conte. Realizzata secondo il progetto dell’abate normanno Roberto de Grandmesnil, l’abbazia prevedeva una divisione interna in tre navate con un’ampia cupola situata all’incrocio con il transetto. La chiesa venne consacrata tra la fine del 1080 e il 1081. Negli anni successivi la città si ingrandì e nel XVI secolo divenne uno dei centri più popolosi della regione.
L’autore: Antonio Ciappina, nato a Gioia Tauro il 24 luglio 1992, laureato in Storia e filosofia, è scrittore e articolista. Ha pubblicato il saggio Il Mondo Longobardo, il romanzo Altri Tempi, fa parte del Circolo Studi storici delle Calabrie, del Centro Studi Normanni e collabora con diverse riviste (Sentieri di Filosofia, In viaggio con la Storia, Calabria Sconosciuta, Periodicodaily) con i suoi articoli storico-culturali. Da oggi anche con Reportageonline, magazine di attualità, storia e cultura.