Riprendendo il mio rovistare nel cassetti, sono andato veramente in profondità. Ingiallita e sgualcita, ma ancora leggibile, mi ha incuriosito una lettera di nonno Pasquale Isabella alla sua sposa, la nonna Anna , meglio conosciuta come “Annuzza a Fhilagrossa”. La lettera, spedita  da NRUQUAZ (Argentina) il 20 Giugno 1927, mette in risalto, pur essendo poco scolarizzato ( e non poteva essere altrimenti), una certa fluidità nell’andamento del segno grafico e un linguaggio, anche se condito di inflesioni dialettali, essenziale ed efficace.  I contenuti del testo sono intessuti di toccanti richiami affettivi e di amari riferimenti alla condizione di un emigrante in una terra straniera e di una famiglia lontana. 

 “Mia cara sposa, oggi, appunto, rispondo alla vostra lettera che mi porta la data del 15 maggio e sono rallegrato che godete ottima salute unitamente a tutti i nostri figli e genitori tutti (…) e meglio vi posso dire di me che me la passo bene di salute. dunque, riguardo a quanto mi dite, ho capito che ci sono voluti 19 uomini per il granturco e per zappare  le vigne . non fa niente, basta che il raccolto vada bene Adesso (mi dite) che avete venduto quella capra di “Riganello” per 95 lire. Come avete fatto, avete fatto bene! Inoltre mi dite che non vi è rimasto niente. Io che posso fare? Ditemi cosa devo fare? Da quando sono partito non posso avere un giorno di riposo.(…), anche per guadagnare qualcosa (in più) e procurarmi la mezza spesa. Ma,  se rimanete senza, tenetevi i soldi. Io qui sono (come) al mese di gennaio ed é inverno. Basta! Credo che mi capite! Vi (informo) che giorno 27 Maggio vi ho spedito lire 1100 e, alla prossima lettera, vi manderò a dire cosa dovete fare: delle1100 lire mando a voi; lire 100 li date a mio padre; lire 580 li date al cugino Gennaro Rocca. Basta, credo che ci siamo capiti. Di altro, non avendo che dire, saluto a voi di vera sposa, unitamente ai nostri figli. Saluto  mio padre e mia madre, mio fratello Domenico e famiglia, mia sorella con sposo e famiglia, la cognata Carolina, il cugino Gennaro e famiglia, la famiglia Troise. Ora saluto i nostri figli Nicola, Domenico, Fiore, Giovanna e Mariangela.  Mando loro la santa benedizione e li bacio tutti. Di  nuovo saluto voi di vera sposa che tanto vi stimo, per tutta la vita.

il vostro fedele sposo Isabella Pasquale.

Pronta risposta e buone notizie.

p.s.

Cara sposa di quello che mi avete mandato a dire, ancora niente. Io già vi ho mandato a dire come dovete fare. Basta! Cara sposa dite a Domenico di stare attento alle lettere che mi fa e di scrivermi spesso altrimenti, invece di migliorare, peggiora.

Basta la salute. Inoltre gli dici di leggere le mie lettere”.

Mio nonno era partito da pochi mesi lasciando mia nonna in stato interessante.

A fine Luglio del 1927 nacque, infatti, la zia Rosina, sesta figlia e terza femmina. La zia non conobbe suo padre perché, agli inizi degli anni ’30,  fu ucciso in un bar per essersi interposto tra l’omicida e un suo amico, preso di mira evidentemente per qualche regolamento di conti. Di lui non si è saputo più nulla neanche del cimitero dove riposano i suoi resti. Non nascondo il mio ormai sedimentato dolore che si rinnova ogni volta che tanti emigranti, come mio nonno ai piedi delle Ande, perdono la vita, nel vicino Mediterraneo, prima di arrivare, o, come sulla spiaggia di Cutro, confusi come fantasmi, mentre stanno per arrivare. Questa lettera la dedico a Loro, convinto che anche chi arriva dall’Africa e dai luoghi del bisogno si porta dentro, come gocce di sangue,  sentimenti di rimpianto e parole d’amore per le mogli e per i figli che hanno perso la speranza che,  dagli occhi di chi governa il mondo, sgorghino lacrime  di umanità.

Fiore  Isabella