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Salman Rushdie, la fatwa di Khomeini che lo condannava a morte


Salman Rushdie, 75 anni, diventò famoso in tutto il mondo con il suo libro “I figli della mezzanotte” nel 1981. Ma lo scrittore anglo indiano è stato anche uno dei primi intellettuali accusati di blasfemia contro l’Islam, con minacce di morte in seguito alla sua opera “I versetti satanici”, che lo hanno costretto a vivere nove anni nascosto sotto la protezione dei servizi britannici.

A condannare a morte lo scrittore, fu una ‘fatwa” del leader supremo iraniano, l’ayatollah Khomeini, pronunciata il 14 febbraio 1986. L’Iran offrì anche 3 milioni di ricompensa per chi avesse assassinato Rushdie. In numerosi Paesi musulmani vi furono manifestazioni di protesta, con copie del libro ‘blasfemo’ bruciate in pubblico e librerie devastate. Rushdie, che allora viveva a Londra, fu messo sotto la protezione dei servizi di sicurezza britannici. Ma intanto il suo traduttore giapponese, Igarashi Hitoshi, fu assassinato nel 1991 e vari altri traduttori furono aggrediti, fra cui l’italiano Ettore Capriolo. Nel 2000, lo scrittore si è trasferito negli Stati Uniti, dove vive tutt’ora e ha acquisto la cittadinanza americana. Nel 2005, la fatwa fu rinnovata dall’attuale leader spirituale iraniano, Ayatollah Ali Khamenei.


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