Ill.mo Signor Procuratore,
Le chiedo scusa per il modo irrituale con il quale mi rivolgo alla Sua sensibilità non per impegnare il Suo Ufficio a valutare la liceità di una querela di parte, ma per prendere atto che il lavoro che le Procure sviluppano è, forse, sottodimensionato rispetto alla marea di potenziali reati che, nella nostra sanità regionale, si perpetuano a danno dei cittadini. Non si tratta di episodi fisiologici di una struttura organizzativa indiscutibilmente complessa, ma di criticità sistematiche che interessano una enorme platea di cittadini e cittadine calabresi particolarmente fragili, che hanno scelto di rassegnarsi piuttosto che resistere, pazientemente, alle disattenzioni istituzionali con i mezzi della democrazia e della civiltà. Disattenzioni che nella sanità pubblica investono, tra le altre, liste d’attesa e tempi proibitivi per visite specialistiche ed esami strumentali.
Criticità che affondano le radici nei famigerati piani di rientro che hanno inesorabilmente svilito i servizi sanitari, tagliato medici e infermieri, prefigurando una sorta di armageddon della Sanità Pubblica. Nei giorni scorsi ho inviato a 14 testate giornalistiche locali e ad uno di rilevanza nazionale la mia personale esperienza con il centro unico di prenotazione a livello provinciale (CUP). Nella mia narrazione, i segni di un disagio che è generale e non solo mio. Infatti, non è un caso, signor Procuratore, che i giornali destinatari della mia testimonianza, indisponibili a divulgarla, in ossequio alla propria linea editoriale, hanno, di fatto, consegnato il dramma di un vissuto individuale all’insignificanza e alla solitudine. Ma, al di là di questa personale e amara digressione, il mio racconto non è un fulmine a ciel sereno, ma una cartina di tornasole di un disagio che si coniuga con la sofferenza, palpabile sia nella medicina territoriale che in un ospedale importante come quello Lametino. Dal 2020, e per tutta la fase pandemica, lo sportello del Tribunale per i Diritti del Malato (di cui sono responsabile) ha sistematicamente segnalato e documentato storie di sofferenze di un’utenza provata da criticità nei servizi e da rapporti comunicazionali spesso conflittuali tra istituzione e utenza.
Il mio caso è solo una goccia in un mare di criticità, ma è emblematico del rischio, per chi ce la fa, di un’inarrestabile diaspora verso la sanità privata o l’emigrazione verso ospedali lontani. E per chi non ce la fa, attese interminabili finalizzate ad una presa in carico, sempre più problematica, della condizione di fragilità il più delle volte contrassegnata dal “beckettiano”: aspettando Godot. Nel caso della programmazione del mio, vista l’età, indispensabile “checkup”, su sei richieste di servizi specialistici e strumentali al CUP provinciale di CZ solo due hanno avuto accoglimento; le altre quattro prestazioni non erano prenotabili perché i calendari risultavano sospesi, in totale spregio delle norme che vietano la sospensione delle attività di prenotazione e che prevedono l’obbligo di tenuta del registro delle prenotazioni specialistiche, ambulatoriali, di diagnostica strumentale e di laboratorio e dei ricoveri ospedalieri ordinari. Ho deciso di scriverLe, signor Procuratore, spinto dal quasi generale silenzio dei mezzi di comunicazione di massa e convinto che non ci sarebbe bisogno delle Procure, se le pagine dei giornali dessero quotidianamente conto anche delle grida di dolore della gente semplice, che non ha voce, nè santi, nè la perseveranza di attendere i tempi della giustizia, già fortemente oberata. Sono profondamente convinto che la Sua voce, al di là del probabile rilievo penale di un’interruzione di pubblico servizio consumato ai miei danni, possa aiutare chi non ha i soldi per accedere a quello privato, a riacquistare un minimo di fiducia nello stato di diritto. In attesa di conoscere il Suo autorevole pensiero, La ringrazio per l’attenzione che, ne sono certo, non mi farà mancare. Le porgo distinti saluti.
Fiore Isabella