Io so giocare, a vivere sto imparando poco a poco, un bacio e poi un altro e si costruisce l’amore in ogni istante.
Lui vive la vita, misurando i passi e se la gode senza fare rumore. Io, al contrario, faccio uso e abuso di parole e le consumo.
Io faccio abuso di attenzioni, sguardi, baci, tenerezze, passi falsi, tempo.
Quando abuso del mio tempo sento formarsi sulla pelle uno strato di ruggine .
Il tempo mi si attacca alle caviglie e mi rallenta i passi in tante occasioni, per esempio, quando ci cammino sopra come fossi una funambola o quando mi illudo che sia io a dominarlo o che non esista davvero.
Lui nel tempo corre avanti e indietro, sa farsi saggio come i vecchi, spensierato come i bambini. Io al contrario nel tempo non so muovermi, per me il tempo è fango che mi rallenta il passo.
Nascosta, vivo di gioie piccole, che scivolano via dalle mie mani troppo in fretta e lasciano il posto a tanto tempo grave e lento e paure dense come nebbia, intrise di nostalgia.
In questi giorni, mi muovo nel perimetro del mio antro con passo lento, ma audace; con curiosità sconfino e con pazienza costruisco argini. E cosa voglio arginare? Le mie ombre, allungate, affusolate, deformi e nerissime.
Mi lascio rapire da cose piccole e spero che da un angolo qualunque di questa terra si apra un varco per accedere a un’altra dimensione. Affino i sensi e la fantasia. L’amore si è insinuato, insidiato, e infine, insediato sottopelle. A questo punto, è quasi un assedio, senza armi né strategie belliche, un assedio che concede bellezza e non conosce guerra.
Gli piace l’idea di essere Nessuno e naviga nel mare inquieto del suo tempo fragile con la saggia audacia che lo contraddistingue. È attento ai passi falsi, conosce la misura e se decide di rischiare si lancia nell’impresa consapevole delle eventuali spese e dei possibili guadagni. Passo dopo passo, avanza e impara a perdersi, ma non ancora a perdere o forse è il contrario. Quel che è certo è la sua capacità di adattamento.
Io ho i piedi nel fango, attraverso col fiato corto questo tempo che scivola in fretta e so che lui è sul punto di salpare. Da sempre questo mare non fa che rubare vite, ci porta via la felicità in cambio di promesse vaghe.
E’ stato lontano da me per anni. Naufrago coraggioso nel mare aperto delle sue incertezze mal celate. Verità ovvie e bugie da niente le indossa con elegante disinvoltura e va leggero sul cuore del mondo e sul mio. Ha un cuore randagio, quando si imbatte in un’anima odorosa di mare la segue e, come fosse gatto, sceglie di tornare, prendere una carezza, fare le fusa e poi andare, così, istintivo e felino fino a quando gli va.
A lui piace il gioco delle coincidenze, lo asseconda e lo guida. Fa così anche con me, ma io ho difficoltà a lasciarmi addomesticare. Lui ci prova con ostinata pazienza, ma io sento la vita corrermi a fianco, la sento insinuarsi sottopelle e compiere miracoli.
Sto diventando una donna sempre più feconda di vita, sto diventando la Grande Madre.
Vedo l’invisibile, anzi a dire il vero, oltre che l’invisibile, io vedo l’impossibile.
Nella trama del tempo vedo l’intreccio delle possibilità perdute e mi capita di intravedere nei suoi passi lenti una serie considerevole di vite felici e tristi non vissute mai fino in fondo. Vedo ferite impossibili da rimarginare, vedo finestre inchiodate alle loro imposte chiuse, vedo mani, un tempo amiche, mai più capaci di intrecciarsi, vedo piedi frettolosi di andare e incapaci di tenere il passo di chi gli è compagno.
Vedo la voglia di scivolare attraverso il tempo e dal tempo lasciarsi abbracciare, vedo la volontà di galleggiarvi dentro come fosse liquido amniotico, protetto dal grembo del mare per il resto dei suoi giorni lontano da me.
.Astuta, lui dice che io sono astuta. Sarà vero.
Sarà vero perché senza astuzia non sarei qui a prendere tempo. Il tempo non lo perdo io, ogni giorno prendo il tempo che non vivo e lo metto da parte. Trattengo il tempo nei dettagli più minuti, nelle foglie nuove delle mie rose, nel lievito che diventa pane, fra i miei capelli grigi.
Ho imparato l’arte di nascondere il tempo aspettando lui. L’ho aspettato a lungo e ora che è tornato ho il cuore pieno di tempo da vivere. Sono astuta, ho nascosto i secondi, i minuti, le ore fra parole e gesti di poca importanza, perché nessuno, scorgendoli, me li potesse rubare. Ho nascosto frammenti di tempo minuscoli, come le fossette che ho intorno alla bocca, le rughe intorno agli occhi, le insofferenze, le smagliature sul seno, il neo sul mento. Ha ragione Ulisse,sono astuta.
Eccolo che arriva, vorrà sapere cosa faccio, come sto, crede che a parlarsi si possano accorciare gli anni trascorsi senza sapere niente l’uno dell’altra.
- Penelope, che fai?
- Mi godo le cose che ho, tutte le cose intorno.
- E che umori ti smuovono cuore e viscere?
- La noia, l’appartenenza, la gratitudine, la gioia consueta delle abitudini, il senso di protezione che mi dà il mio perimetro. Si mescolano tante cose, in mezzo a tanto caos.
- E di me che adesso sono qui?
- Penso che è bella la tua presenza, ma è rara e come una cosa rara io ti voglio trattare. Penso che non ti voglio trattenere, che se tu fossi stato presente io non sarei diventata Penelope.
- Ma perché hai questo sguardo?
- Non lo so. Mi manca l’attesa di te che alimentava il mio tempo.
- Non ti nutre la mia presenza?
- Non la so assaporare, non la so masticare, digerisco in fretta il tempo e tutto diventa passato prima che io me ne sia accorta.
L’attesa di te mi proiettava al di là del presente e dilatava i confini dei giorni e delle stagioni. Mi sembrava di non invecchiare con tutto quel mare negli occhi, così vuoto di navi e pieno di speranza.
- E adesso?
- Adesso tu mi porti in dono tutto quel tempo e di colpo invecchio e mi sembra vicina la fine di un amore che non è iniziato mai.
- E che si può fare?
- L’amore, si può fare l’amore, senza perdere altro tempo.
- Non esiste tempo, amiamoci ora.
- E poi?
- Salutiamoci, è ora, un’altra volta ancora.
Doris Bellomusto
Un’altra volta ancora – Racconto Finalista Premio Letterario Nautilus
MOTIVAZIONE: L’opera risulta essere dotata di buone qualità letterarie e stilistiche, ricca di elementi preziosi e originali che arricchiscono il lessico e il racconto. Narrazione asciutta, tagliente e moderna che suscita varie emozioni e scolpisce nettamente i caratteri dei personaggi dal richiamo classico. Molto bella la chiusura con omaggio al poeta Franco Costabile.
BIO: Doris Bellomusto si è laureata in lettere classiche presso l’Università della Calabria, insegna materie letterarie presso il “Liceo G. Pascoli” di Barga (LU), dove vive dal 2011. Non ha mai dimenticato né i suoi studi classici né le sue radici meridionali. Dalle sue inestinguibili nostalgie sono nate le raccolte di poesie “Come le rondini al cielo” (edizioni Tracce, Marzo 2020); Fra l’Olimpo e il Sud (Poetica edizioni, Luglio 2021); Nuda (Ladolfi editore, Giugno 2022).
E’ direttrice della collana di poesia “Foglie” della casa editrice Le Pecore Nere.