Erano le 8 e 10 quando le scintille causate dal corto circuito fecero incendiare 800 litri di olio in polvere e le strutture in legno del pozzo. L’incendio si estese alle gallerie superiori, mentre sotto, a 1.035 metri sottoterra, i minatori venivano soffocati dal fumo. Solo sette operai riuscirono a risalire. In totale si salvarono in 12. Il 22 agosto, dopo due settimane di ricerche, mentre una fumata nera e acre continuava a uscire dal pozzo sinistrato, uno dei soccorritori che tornava dalle viscere della miniera non poté che lanciare un grido: ‘Tutti cadaveri’.
Ci furono due processi, che portarono nel 1964 alla condanna di un ingegnere (a 6 mesi con la condizionale). In ricordo della tragedia, oggi la miniera Bois du Cazier è patrimonio Unesco. La tragedia della miniera di carbone di Marcinelle è soprattutto una tragedia degli italiani immigrati in Belgio nel dopoguerra. Tra il 1946 e il 1956 più di 140mila italiani varcarono le Alpi per andare a lavorare nelle miniere di carbone della Vallonia. Era il prezzo di un accordo tra Italia e Belgio che prevedeva un baratto: l’Italia doveva inviare in Belgio 2mila uomini a settimana e, in cambio dell’afflusso di braccia, Bruxelles si impegnava a fornire a Roma 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore.
L’Italia a quell’epoca soffriva ancora degli strascichi della guerra: 2 milioni di disoccupati e grandi zone ridotte in miseria. Nella parte francofona del Belgio, invece, la mancanza di manodopera nelle miniere di carbone frenava la produzione. Per convincere gli uomini a lavorare nelle miniere belghe, si affiggono in tutta Italia manifesti che presentano unicamente gli aspetti allettanti di questo lavoro (salari elevati, carbone e viaggi in ferrovia gratuiti, assegni familiari, ferie pagate, pensionamento anticipato). In realtà, le condizioni di vita e di lavoro sono veramente dure.
All’arrivo a Bruxelles, comincia lo smistamento verso le differenti miniere, dopodiché i lavoratori vengono accompagnati nei loro ‘alloggi’, le famose ‘cantines': baracche, insomma, o ‘hangar’, gelidi d’inverno e cocenti d’estate, veri e propri campi di concentramento dove pochi anni prima erano stati sistemati i prigionieri di guerra.
La mancanza di alloggi convenienti, previsti peraltro dall’accordo italo-belga, impedisce alla maggior parte dei minatori il ricongiungimento con la propria famiglia. Trovare un alloggio in affitto è infatti quasi impossibile all’epoca. Senza contare la discriminazione. Spesso sulle porte delle case da affittare, i proprietari scrivono a chiare lettere ‘ni animaux, ni etranger’ (né animali, né stranieri). Un’integrazione difficile, dunque, a cui si sommano le condizioni di lavoro particolarmente dure e insalubri, nonché le scarse misure di igiene e sicurezza. Tra il 1946 e il 1955, quasi 500 operai italiani trovano così la morte nelle miniere belghe, senza contare il lento flagello delle malattie d’origine professionale. La più pericolosa di queste è la silicosi, causata dalle polveri della miniera che, depositandosi nei polmoni, crea insufficienze respiratorie.
TAJANI ALLA COMMEMORAZIONE
Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani oggi parteciperà, alla presenza dei Reali del Belgio, alla 67ma commemorazione della tragedia di Marcinelle. È la prima volta che un vicepremier italiano partecipa alla cerimonia che ha luogo ogni anno nella periferia di Charleroi cui solo poche volte, in passato, è intervenuto un nostro ministro degli Esteri. La presenza di Tajani alle celebrazioni è volta a sottolineare l’importanza che il governo attribuisce tanto all’emigrazione storica, quanto a quella dei nostri giorni.
“Il sacrificio dei nostri nonni a Marcinelle e in tanti altri luoghi ci deve rendere orgogliosi per lo straordinario contributo degli emigrati italiani allo sviluppo dei Paesi in cui arrivarono – ha osservato il vicepremier – ma deve farci riflettere anche sulla nuova emigrazione”. Secondo Tajani, che ha disposto recentemente anche la riapertura di un Consolato indipendente a Bruxelles per il rafforzamento dei servizi ai cittadini, “i nostri connazionali all’estero sono ambasciatori dell’Italia nel mondo, in quanto sono portatori della nostra cultura e dei nostri valori, così come delle nostre eccellenze imprenditoriali, tecnologiche e scientifiche”.
Dopo la commemorazione che avrà luogo al sito della miniera e che si aprirà coi tradizionali 262 rintocchi di campana e proseguirà con un sorvolo di due Tornado dell’Aeronautica Militare italiana, il vicepremier renderà omaggio al Monumento alle vittime. Successivamente, incontrerà una rappresentanza della comunità italiana e assisterà alla presentazione di un progetto scolastico in corso nelle scuole belghe e italiane dal titolo “Belgio Chiama Italia”, finalizzato a una rilettura in chiave attuale della tematica dell’emigrazione e a rafforzare la cultura identitaria nelle nuove generazioni.