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12 dicembre 2017

Storia, miti e leggende della Calabria e del Sud

Aspettando Natale: la leggenda del pettirosso


Al tempo della Creazione del mondo, nostro Signore diede vita agli animali perché abbellissero la natura e tenessero compagnia agli esseri umani. Così per molti giorni fu impegnato a creare asini, tigri, cani, gatti e tutti gli altri. Un giorno, forse un po’ stanco, creò un piccolo uccellino grigio. «Ricordati che il tuo nome è pettirosso!», gli disse, e poi lo fece volare via.

Il pettirosso fece un bel giro e ammirò la terra meravigliosa che avrebbe dovuto abitare ma, volando sopra uno specchio d’acqua, si rimirò e si accorse che era tutto di colore grigio.

Tornò indietro e disse al Signore: «Vorrei chiederti solo perché mi hai chiamato pettirosso, se dal becco alla punta della coda non ho neanche una piuma di questo colore?». Egli sorrise e rispose: «Ti ho chiamato pettirosso e pettirosso ti chiamerai, ma questo è un nome che dovrai meritarti».

Passò molto tempo, il piccolo uccello era sempre grigio e per meritarsi il nome imparò ad abitare nelle macchie e tra le piante più spinose e a cinguettare benissimo. Il suo canto, soprattutto nelle fredde giornate invernali, allietava la vita di uomini, donne e bambini ma niente, le sue piume erano sempre grigie e quasi si dimenticò di quanto il Signore gli aveva detto.

Successe però che in una notte freddissima il pettirosso si accorse che il cielo era più splendido che mai e che vi brillava una stella mai vista prima. Vide anche che tutti i suoi amici umani si erano messi in cammino verso il luogo indicato dalla fulgida stella e così decise di andare anche lui.

Arrivò ad una grotta dove, insieme a tutti gli altri accorsi con lui, scorse con grande meraviglia un piccolo bimbo posto in una mangiatoia, circondato dalla mamma, dal papà e dai suoi amici il bue e l’asino.

Felice per l’arrivo della Luce nel mondo, il pettirosso iniziò a cantare il suo canto più melodioso insieme agli angeli e poi, vedendo il Bambinello infreddolito, si pose vicino al misero fuoco della grotta, sbattendo le ali per ravvivarlo.

Così fece per tutta la notte e, alle prime luci del mattino, il pettirosso si accorse che il suo petto era finalmente diventato rosso, come le braci che erano tornate ad ardere e come l’amore che aveva saputo esprimere.

Da quel giorno il pettirosso porta con molta fierezza le sue piume rosse sul petto e abita ancora nei nostri parchi e giardini regalandoci il suo canto e ricordandoci che ognuno di noi, anche il più piccolo, ha il suo posto nel mondo.
Annamaria Persico


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