«Bisogna tornare ad investire nelle aree marginali, altrimenti questi territori diventeranno deserto ed i loro problemi si ripercuoteranno sulle grandi aree urbane. Il piano di riduzione di Poste italiane è solo la punta dell’iceberg di una tendenza radicata da invertire assolutamente». Lo afferma Massimo Castelli, coordinatore Anci per i piccoli Comuni e sindaco di Cerignale, un paesino di 137 abitanti in provincia di Piacenza, tornando sul piano di riduzione del servizio da parte di Poste Italiane, che punta a tagliare 400 uffici sugli oltre 13 mila esistenti, soprattutto nei piccoli centri.

Della vicenda si è occupato l’ultimo numero del Venerdì di Repubblica, dando conto delle «sospensive» di alcuni Tar regionali (Emilia Romagna, Umbria, Toscana, Puglia e Veneto), che hanno accolto i ricorsi di sindaci ed Anci regionali, anche se sulle chiusure, al momento congelate, una decisione finale arriverà solo a metà 2016. Senza, però, scoraggiare Poste che ha deciso di andare avanti.

Una politica aziendale, questa, stigmatizzata da Castelli: «Nei territori marginali, invece, si dovrebbe investire e creare le condizioni affinché persone ed aziende siano invogliate a trasferirsi lì. Parlano di postino telematico in zone nemmeno coperte da Internet».

Il coordinatore Anci punta in particolare il dito contro la riduzione in alcune aree dell’orario di apertura degli uffici, fino a 12 ore settimanali. «Questo è in palese contrasto con la direttiva Ue. La consegna deve essere garantita cinque giorni la settimana, con deroga solo per condizioni e circostanze geografiche eccezionali. Qui, il vero problema è il doppio ruolo di Poste: azienda privata da un lato, e statale dall’altro».