Se anche Italia Viva dovesse smarcarsi, per il premierato di Meloni si profila un iter non solo lungo, ma anche vivace: sarebbe la riforma della maggioranza ‘contro’ l’opposizione e finirebbe per caricare di un denso significato politico il referendum. A quella data mancano anni e una lunghissima discussione parlamentare a cui si affiancherà anche quella della riforma della legge elettorale. Intanto ai blocchi di partenza Pd, Azione, M5S, Più Europa e Avs si preparano alla battaglia con Italia Viva che sembra meno pronta al sostegno del progetto del governo.
Dice la coordinatrice Raffaella Paita: “Mi pare che nella proposta della maggioranza sulle riforme costituzionali ci siano un po’ di pasticci. Aspettiamo di leggere i testi”. Per Schlein si tratta di una proposta che “indebolisce nuovamente il Parlamento. E’ una riforma che limita le prerogative del Presidente della Repubblica e che smantella la forma parlamentare. Non è un caso che la presentino proprio ora per coprire il fatto che nella manovra mancano le risposte che servono al Paese sul terreno economico e sociale”.
Il neologismo di Calenda
Calenda conia il neologismo ‘Italierato’ per la riforma Meloni: “Il governo ha approvato una riforma in Cdm che potremmo chiamare l’Italierato. Non è un cancellierato (che avremmo approvato), non è un Premierato, non è Presidenzialismo o semi-presidenzialismo. È una nostra invenzione mai fino ad ora sperimentata nel mondo. Il Parlamento non funziona, il federalismo non funziona, la pubblica amministrazione non funziona. Meloni ha trovato la soluzione: occuparsi d’altro. Il che rappresenta bene la storia di questo governo”.
“Numerose anomalie”
Netto Nicola Fratoianni: “E’ una specie di mostro giuridico istituzionale di fronte ad un Parlamento già ampiamente umiliato dal ricorso continuo alla decretazione d’urgenza e al voto di fiducia”. Anche per il responsabile Riforme del Pd, Alessandro Alfieri, quella del governo “non è una riforma, ma è un attacco al modello di repubblica parlamentare”. E l’ex-presidente della Camera, Roberto Fico dei 5 Stelle, scrive sui social: “Il premierato meloniano è una riforma pasticciata e approssimativa. Una scelta che non favorirà la governabilità ma accentuerà gli squilibri del sistema”.
Stefano Ceccanti, costituzionalista ed ex-parlamentare Pd, mette giù a caldo un’analisi delle numerose “anomalie” del premierato made in Meloni. E tra queste ne rileva una un po’ paradossale: se cade il premier eletto direttamente dai cittadini, il suo successore è in realtà il ‘premier forte’. Spiega Ceccanti: “Il secondo premier è più forte del primo perché solo la sua caduta porterebbe al voto anticipato, non quella dell’eletto direttamente”. E rivolto a Italia Viva osserva: “Il progetto dovrebbe quindi essere rifiutato, a logica, anche dai sostenitori del sindaco d’Italia”.