Studio del PoliMi, anche l'agricoltura può inquinare
5 marzo 2024

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Studio del PoliMi, anche l’agricoltura può inquinare


L’impatto dell’agricoltura sull’inquinamento in Lombardia è paragonabile all’urbanizzazione, all’industria e ai trasporti. A rivelarlo è uno studio del Politecnico di Milano - pubblicato sulla rivista Chemosphere – che ha quantificato l’impatto legato ai terreni agricoli sulla distribuzione spaziale della concentrazione di polveri sottili (PM2.5) in Lombardia, mostrando come esso sia paragonabile a quello di altre fonti di inquinamento ben più note e studiate, come gli impianti industriali, l’urbanizzato o la rete stradale. Tale impatto paragonabile si è registrato non solo per le zone rurali, ma anche nelle aree più densamente popolate, hanno spiegato i ricercatori.

Responsabili del progetto sono la professoressa Maria Brovelli e l’ingegnere Daniele Oxoli, del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano, in collaborazione con il professore Enrico Caiani e l’ingegnere Lorenzo Gianquintieri, del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, con il dottor Santoni di Fondazione Politecnico di Milano e con il professore Andrea Spinazzè dell’Università degli Studi dell’Insubria.

Il team di ricerca ha rilevato, in particolare, che l’effetto dovuto ai terreni agricoli è risultato correlato ai picchi di inquinamento più intensi rispetto a quanto misurato nelle zone industriali e urbane ma con una durata limitata nel tempo. Tra le singole colture analizzate è stato registrato un impatto trascurabile delle risaie, più significativo invece per i terreni coltivati a cereali e mais. Questi risultati sono stati ottenuti attraverso un framework innovativo ed un modello data-driven che include la valutazione dell’impatto delle diverse destinazioni d’uso del territorio sulla distribuzione spaziale della concentrazione di PM2.5, per analizzare il ruolo dei terreni agricoli con una sensibilità molto maggiore rispetto a modelli pre-esistenti.

Allo scopo sono stati analizzati i dati satellitari e di modelli atmosferici del programma Copernicus per la misura di concentrazione del PM2.5 insieme al database open access di uso del suolo e del sistema informativo agricolo di Regione Lombardia. Per l’analisi è stato utilizzato un innovativo sistema di Geoai (Geomatics and Earth Observation Artificial Intelligence) composto da una architettura a tre stadi, che permette di catturare e interpretare le dinamiche spaziali a livello locale, comparando così gli effetti legati al diverso uso del territorio sull’inquinamento.

Gli studiosi assicurano che, grazie a questo nuovo approccio, sarà possibile in futuro generare evidenza rispetto alle concentrazioni di inquinante correlabili a specifiche attività agricole, come spandimenti e concimazioni.

Il lavoro nasce nell’ambito del progetto di ricerca D-Dust – Data-driven moDelling of particUlate with Satellite Technology aid- finanziato da Fondazione Cariplo, il cui scopo è stato quello di valutare il contributo – in termini di operabilità, rapporto costo-efficacia e accuratezza – derivato dall’integrazione sistematica di dati non convenzionali nei tradizionali approcci di monitoraggio del particolato basati su sensori fissi a terra, con particolare attenzione alle stime basate su satellite e alle emissioni correlate all’agricoltura.


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